Sito ufficiale del Centro Ricerche e Studi di Ronciglione

tempi prima e dopo la rivoluzione francese

L'incendio di Ronciglione nel 1799

 

Per tutte queste cose ricordate nelle precedenti sezioni, Ronciglione si distingueva da tutti gli altri centri circonvicini; e tra Roma e Viterbo era l'unico grande centro non solamente agricolo, anzi in prevalenza artigiano e anche il più popolato. Questa sua posizione di attività e di traffici fu il motivo per cui Papa Benedetto XIII, (Pietro Francesco (PIERFRANCESCO) Vincenzo Maria Orsini – Pontificato 1724 - 1730), decorò Ronciglione del titolo di città il 28 Maggio del 1728, aggiungendo gloria e prestigio all'intensa attività che non era solamente. Non si loderà mai abbastanza l'opera civica e religiosa svolta in questo tempo a Ronciglione da due grandi ronciglionesi, D. Otilio Ricciotti, canonico della collegiata e vicario Foraneo di Ronciglione e la Ven. Suor Mariangela Virgili, i quali si dedicarono a dare a Ronciglione quello che doveva integrare il benessere economico, perché la vita dei loro concittadini non fosse soltanto materialistica. In particolare Suor Mariangela , sebbene illeterata e di umili condizioni, fu al centro di un'attività sorprendente  e ardita, perché oltre favorire come si è detto l'educazione della gioventù femminile, si diede all'opera di redenzione delle ragazze, vittime dei prepotenti, all'aiuto delle vedove e degli orfani e al sollievo corporale e spirituale dei malati.

L'attività intensa di lavoro e la pace cittadina fu gravemente turbata dai fatti successi in seguito alla rivoluzione francese. Sono noti a tutti i tristi e luttuosi avvenimenti che si svolsero a Ronciglione negli anni 1798 - 1799, culminati nell'incendio e nel massacro ordinato dal generale Balther il 28 giugno 1799. Furono bruciati 174 caseggiati, ci furono 82 morti, fu incendiato il Duomo con l'altare Maggiore e il Tabernacolo Eucaristico e l'archivio Capitolare, depredate le suppellettili più ricche delle altre chiese e confraternite. Durante l'incendio furono date alle fiamme anche altre carte dell'archivio comunale e dello Stato di Ronciglione e tutte le case dei più facoltosi cittadini, contro i quali i soldati francesi furono guidati da due famiglie rivali e che aspiravano ad avere il predominio assoluto di potere e ricchezza. Perchè è sempre vero che le rivoluzioni con i massacri che ne sono la conseguenza le fanno gli armati dagli  ideologi che seminano dottrine sovversive  e trovano naturali alleati  i facinorosi di ogni risma; ma sul posto sono guidati da profittatori, i quali mai sono mancati in ogni tempo e in ogni luogo, pronti a sfruttare le occasioni per i loro loschi scopi. Poi vi sono sempre i coraggiosi e generosi, che sia per impulso naturale o mossi da giusti ideali di patria, di famiglia, di religione reagiscono e molte volte vengono aizzati a uscire allo scoperto, ad opporsi, a resistere ad oltranza e poi sul punto critico vengono traditi, abbandonati e lasciati allo sbaraglio. Proprio come capitò a Ronciglione nel triste 28 luglio 1799 e giorni seguenti. 

Il colpo mortale che Ronciglione subì con l'incendio dei giacobini francesi fu talmente carico di conseguenze negative in ogni campo che la cittadina non si riebbe più. Perchè oltre alle rovine materiali e le perdite umane, vi si aggiunse la perdita dell'autonomia amministrativa con la conseguente perdita di commerci e ricchezze.Sciolto lo Stato di Ronciglione  ciascun paese, fu aggregato singolarmente all'amministrazione del distretto di Viterbo, presentatovi sprovvisto di quell'organizzazione che faceva di Ronciglione un piccolo centro propulsore di grandi attività. Anche se le case furono riparate e le attività ripresero, tuttavia Ronciglione nell'ottocento non fu più quella di prima; anzi tale fatto fu l'inizio  di una lenta, ma inesorabile marcia verso una decadenza inarrestabile, a cui via via si aggiunsero anche altri fattori estranei e di portata più generale. Le cose non migliorarono con l'avvento del Regno d'Italia e Roma capitale. Fazioni di famiglie ben camuffate da colori politici, tutti di radicale anticlericalismo , di una grettezza e di una faziosità mai ancora finita, cominciarono ad avvelenare la vita civile italiana. Invece di lavorare concordi per una riconversione di attività economiche, culturali  e strumentali, non favorirono il vero progresso,  che ancora oggi, alla distanza di oltre un secolo di unità nazionale tarda a venire

 

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